martedì 6 ottobre 2009

Di nuovi incubi, clausure mediatiche, premi Nobel e serve Italie

Questa volta (lo dico con un certo senso di colpa verso i gatti lettori) a tenermi lontano dal blog non è stata solo l'ansia giramondo del mio coinquilino, ma una prescrizione medica: il Dr. Randolf mi ha vietato di interessarmi e di scrivere dell'attività di papi per un mese, da quando gli incubi che hanno protagonista il mostruoso Telegatto hanno ricominciato ad perseguitarmi.

Poche sedute psicoanalitiche via internet sono bastate al luminare per capire il problema: sembra che per qualche ragione io abbia inconsciamente finito per identificare il mio balio con un tiranno prossimo alla caduta ma pronto a tutto per evitarla, compresa la censura delle opinioni discordi mediante querele milionarie, l'abolizione formale del sistema fiscale, il diritto alla corruzione dei giudici, e l'autoamnistia preventiva per ogni reato. Di fronte a queste ansie profonde, nemmeno gli editoriali più rassicuranti di Pavolin-Minzolini, che il dottore mi aveva pur somministrato con successo in passato, hanno più effetto: la scissione fra la mia gattesca tendenza al compromesso domestico e la mia felina venerazione per la libertà è ormai esplosa, e il dottore mi ha imposto una scelta drastica fra il papi pubblico e il papi privato.

Per un mese ho dunque provato a ignorare la vita pubblica del mio balio e devo dire che questa clausura mi ha aiutato. Ho potuto evitare la maratona del mio coinquilino nello studio televisivo dell'esapode dalla voce ronzante, e ho cestinato le centinaia di email di gattocomunisti che protestavano con me per lo spostamento di Ballarò. Non ho assistito alla consegna di frigoriferi e cucine di grande design ai pochi terremotati che ora possono smettere di far finta di essere in campeggio (per gli altri la vacanza in tenda continua). Non ho ascoltato il suo discorso all'ONU, né ho visto il ministro Bond tributare un applauso solitario all'amico beduino.

Non ho seguito alla tv il suo viaggio a Pittsburgh e non ho potuto vedere la faccia tesa di Obama mentre dà le ultime raccomandazioni alla moglie prima del contatto con la Belva Umana. Non l'ho visto intercettare il papa in uno scalo aeroportuale a caccia di una foto-ricordo autografata, come non l'ho visto escortare il pontefice fino alla scaletta dell'aereo, da cui solerti guardie svizzere lo hanno energicamente allontanato prima che si imbarcasse di straforo. Mi sono purtroppo perso anche l'ultima sua barzelletta sugli Obama, ma conto di non perdermi la prossima, quando finalmente farà notare al mondo intero che pure le figlie del Presidente americano in fondo sono abbronzate.

Insomma, è stato un mese di silenzio, pace e relax, rotto solo qualche giorno prima del 29 settembre dall'insediamento in questa casa di un manipolo di voci bianche (fra cui Don Bondio e baby-serpe) e putti rubensiani, che preparavano la canzoncina celebrativa del 73° compleanno del mio convivente. Un testo ispirato:

Siamo qui per te, cuore e anima,
un Nobel di pace, Silvio grande è.
Siamo qui per te, coro unanime,
un’unica voce, Silvio Silvio grande è.

Questa canzonetta lievemente puttanesca è stata il regalo di compleanno del comitato pro Silvio-Nobel. A cantargliela, il giorno del suo genetliaco, c'erano proprio tutti i suoi al completo. Tutti tranne il gregge di donnine in tubino nero e il loro pastorello signor Tarantini-o-Tarantino, per la grande delusione del mio balio che era stato preso da un febbrile allupamento da quando aveva sentito dire dai giudici che per il ruffiano esisterebbe il pericolo di reiterazione del reato.

E stata una festa come tante altre: i soliti filmini di Bush, i soliti discorsi muscolari del presidente più amato dagli Italiani, le solite mani lunghe, le reazioni sempre più stanche e i sorrisi sempre più dolenti delle palpeggiate di turno, i segni della croce di Telesina sempre più contrito dai pentimenti, i rutti di Giulianone. E come in tutte le altre feste, alla fine è rimasto solo, al buio, col disco rotto di Apicella che girava a vuoto. Gli ho fatto accendere il computer per controllare la mia posta e informarmi su cosa fosse successo nel mondo durante il mio mese di vacanza mediatica.

Ecce superman, il miglior premier degli ultimi 150 anni. Lo sguardo inebetito dal mio condizionamento telepatico si era fissato su un qualche fantasma che lo aspettava oltre lo schermo del computer, mentre le sue dita eseguivano i miei ordini sulla tastiera. Mi sono chiesto: e se il segreto del suo successo fosse che nonostante il suo sconfinato potere, la sua allergia per le leggi, le vaccate dette in mondovisione, le adunate televisive e gli istinti insurrezionalisti; se il segreto del suo successo fosse che nonostante tutto questo egli fa misteriosamente ancora pena al paese gattone?

Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!

Ma devo lasciarlo risvegliare: aspetta a cena due giudici della Corte Costituzionale e quando quelli vengono si mangia sempre alla grande.

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